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Da Percorsi n.4 - Penny Edizioni- 2004
Corrado Mastantuono: un autore per tutte le stagioni (del fumetto, s’intende).?di Gianfranco Goria – www.fumetti.org/goria - www.afnews.info
Visitatori, benvenuti nel sito www.corrado-mastantuono.com. Resterete sicuramente impressionati dalla quantità e dalla varietà di quanto viene elencato: centinaia di titoli scorrono sullo schermo, da storie disneyane per le Giovani Marmotte, Minni, Paperinik, PK New Adventures, Topolino settimanale, Topolino Sport e via così, a produzioni bonelliane per Nick Raider e Magico Vento, con speciali e quant’altro, e ancora pubblicazioni per riviste come L’Eternauta e Comic Art, con serie varie come Buzzer, Yellow Kid, Cargo Team, Psicocoteca, e ancora vignette umoristiche, racconti autoconclusivi, collaborazioni con editori vari, illustrazioni, copertine per Disney, ComicArt, Bonelli, Epierre e altri ancora, spaziando tra i personaggi più vari…Oltre venti volte qualcuno ha parlato di lui su riviste o saggi. Almeno una quindicina sono i premi ricevuti. Almeno una decina le mostre che hanno esposto al pubblico le sue opere. E, com’era ovvio aspettarsi, Mastantuono approda ora anche al prestigioso mercato francofono con «Il gioco dei corpi celesti» per l’edtirice Humanoïdes Associés.
Ma quanti anni ha Corrado Mastantuono, per aver messo insieme, fino al 2004, tutta questa somma di cose fatte e tutte le critiche positive che ha ricevuto? Corrado nasce il 20 dicembre 1962 a Roma. Ma passano ben ventotto anni prima del suo debutto nel mondo dei fumetti, che avviene infatti solo nel 1990 su L’Eternauta (numero 92). Cosa ha fatto, allora, prima di venire ad allietarci coi suoi fumetti? Mastantuono ha passato una decina d’anni a disegnare cartoni animati, e questa è una cosa che ha sicuramente contribuito parecchio a formare professionalmente la sua mano, a darle velocità e padronanza tecnica. Per chi non ha esperienza del lavoro faticoso e ripetitivo che spesso è associato alla produzione dei cartoni animati, con le migliaia e migliaia di disegni che devono essere realizzati per star dietro alla necessità fisica dei famosi ventiquattro fotogrammi al secondo (certo anche molti meno, nelle animazioni più semplici, ma sempre migliaia sono), può non essere facile comprendere come l’esperienza del disegno animato possa contribuire a sviluppare una manualità eccezionale, se si sopravvive allo sforzo. Il nostro autore è passato per questa esperienza e ne ha ottenuto in eredità quel tratto sciolto e veloce che ha applicato alle ben diverse esigenze del disegno fumettistico. Nella letteratura disegnata c’è la possibilità, per il singolo disegnatore, di esprimersi con un poco più di calma e di dare forma alla propria interiore necessità di raccontare storie. Le migliaia di ore passate a gestire la tridimensionalità dei personaggi del cartone animato, a «vedere» con la mente gli oggetti fantastici come fossero reali, ha evidentemente portato in Mastantuono, come in ogni disegnatore che venga dalla «gavetta dei cartoni», l’abilità, mentale prima ancora che fisica, di saper costruire personaggi «completi», reali, anche quando sono immaginari, o caricature grottesche. Con questo bagaglio di esperienza, Mastantuono si avvicina al mondo particolarissimo delle storie disegnate su carta.
Praticamente in contemporanea con la sua prima uscita fumettistica viene introdotto nel mondo del fumetto Disney italiano dal grande Giovan Battista Carpi che, oltre a essere un Maestro nell’arte della narrativa disegnata, aveva un fiuto eccezionale nel riconoscere i talenti e una ineguagliata capacità nel farli crescere ciascuno verso la propria personalità artistica e creativa. Da quel momento non c’è più sosta, nel percorso evolutivo dell’autore romano. Cresce la sua naturale dote artistica, cresce la sua capacità di padroneggiare il linguaggio del fumetto (e non solo nella regia fumettistica come disegnatore, ma anche nella narrativa specifica come sceneggiatore).
Quando lo incontrai la prima volta (a Roma nel bel mezzo di un salone fumettistico straripante di appassionati, mentre stava disegnando in piedi per ammiratori di passaggio), avevo già avuto modo di inserirlo nel mio personale database mentale, sulla base delle prime cose che si erano viste in giro, nell’elenco non lunghissimo di autori che avrebbero potuto lasciare un segno originale nel mondo del fumetto. Quella prima impressione si è poi rivelata corretta. In seguito tutti hanno potuto vedere coi propri occhi che quel giovane disegnatore era in grado di destreggiarsi con stili diversissimi fra loro, dall’umoristico al realistico, restando sempre su alti standard di qualità. E presto è stato riconosciuto come uno dei più promettenti delle allora nuove generazioni di fumettisti italiani.
E’ interessante notare come, in una sua vignetta pubblicata in una raccolta del 1995 («Il teatro dell’assurdo», ed. Comic Art), faccia dire all’anziano disegnatore «Disegnare qualche ora al giorno è un buon modo per sciogliere la mano ed è l’unico per sviluppare le proprie capacità!…», mentre il giovanissimo apprendista replica «CAPACITA’?!? Ma io voglio fare il disegnatore di fumetti!». Mastantuono ci scherza su, ma ha piena consapevolezza di quanto il lavoro del fumettista sia oneroso e di come sia necessaria una personale disciplina, per raggiungere la «qualità» che, come ben sa, è tutt’altro che accessoria per chi vuole dedicarsi alla Letteratura Disegnata, sia che si tratti di «fumetto d’autore», sia che si tratti di «fumetto da intrattenimento». Nelle vignette di quel periodo ha un tratto graffiante, secco, deciso. Un bianco e nero efficace, forte, emotivo, che richiama alla mente certi grandi autori sudamericani, alcuni brillanti e taglienti cartoonist editorialisti nordamericani, dei vignettisti italiani ormai dimenticati dai non addetti ai lavori, e forse anche qualche insospettabile maestro di lingua francese. Tratti veloci come schegge graffiano la carta e danno corpo e vita a personaggi e oggetti. In quegli anni, di tanto in tanto, qui e là si trovano persino un po’ di quei costosi retini, abbondantemente usati nelle strisce statunitensi dei tempi andati, artifizio meccanico per ottenere toni di grigio e ombre che però appare persino freddino e forse fuori luogo in quel mare di china dal tocco tanto personale e caldo. Ma la sperimentazione tecnica sembra non essere mai mancata a Mastantuono, che, nella ricerca costante di effetti, di nuove soluzioni agli antichi problemi di rappresentazione del mondo attraverso il segno bidimensionale, non si è posto limiti di nessun genere. Matite, pennelli, pennini e pennarelli, ma anche oggetti qualunque che acquisiscono improvvisamente una funzione grafica, rappresentano gli strumenti che un artista può usare per arrivare alla agognata soluzione dei suddetti problemi. E Corrado non si ferma a quelle più ovvie, nonostante, dal punto di vista della tecnica, la sua sia una impostazione classica.
Dietro quel segno si vedeva già la capacità di diventare morbido, gradevole, pupazzettoso quanto basta per fare fumetti per bambini «alla Disney», conservando però tutta la «cattiveria», l’aggressività grafica necessaria a non diventare banali e melensi. Le sue matite per le pubblicazioni Disney sono piacevoli, calde e tradiscono professionalità nella stessa costruzione della vignetta, nella gestione della prospettiva, nel dosaggio dei pesi all’interno delle vignette e nell’equilibrio della tavola. Le chine portano a compimento un processo di «semplificazione grafica» tipico del genere fumettistico per bambini (ma anche della cosiddetta «linea chiara» franco-belga) e inquadrano Mastantuono, all’inizio, nel novero degli autori disneyani che vengono definiti «Cavazzaniani» per la loro vicinanza stilistica al «nuovo classico» Giorgio Cavazzano (un’altra linea stilistica disneyana italiana si rifà invece al decisamente più classico Giovan Battista Carpi). Ma Corrado ha una propria spiccata personalità artistica e se una vicinanza c’è, tra il grande Cavazzano e il bravissimo Mastantuono, è più (da un punto di vista di psicologia del tratto che non da quello della grafica) nel periodo «graffiante» delle prime storie disneyane di Cavazzano (ancora molto lontane dagli stilemi disneyani), per la capacità di rompere le regole tranquillizzanti del disegno per bambini tipico della multinazionale dell’intrattenimento.
Nel fumetto «per l’infanzia» il nostro autore trova sintonia perfetta con un personaggio, che egli stesso crea, Bum Bum Ghigno (un nome, un programma), che gli consente, anche a livello di sceneggiatura, di esprimere movimento, dinamicità, estro, fantasia e la già citata aggressività. E’ in effetti anche nella gestione della storia, nelle caratteristiche della sceneggiatura di Mastantuono, che si rispecchia il suo tratto. Movimento, dinamicità, agitazione sono caratteri dominanti quando un personaggio come Bum Bum è protagonista. Tanto da condizionare anche il comportamento dei suoi compagni d’avventura, che rischiano di scivolare nel ruolo di comprimari di fronte a tanta dinamicità.
Qui, per semplici motivi di gusti personali, mi piace citare la storia «Bum Bum e l’artista liberato» (pubblicata su Topolino 2501 e recensita su afNews www.afnews.info il 30 ottobre 2003) nella quale Corrado porta Paperino, Bum Bum e Archimede Pitagorico in Francia, a incontrare «per caso» gli eroi classici del fumetto franco-belga, Tintin e il suo cane Milou, il capitano Haddock, il professor Girasole e i detective Dupond/t. Un omaggio alla scuola d’oltralpe, o un segnale premonitore del suo futuro arrivo come autore nella patria di Asterix e compagni? Questo lo si può chiedere direttamente all’autore che, nonostante si schermisca, è perfettamente in grado di reggere interviste e lunghi incontri col pubblico, come ho potuto apprezzare in una recente Fiera del Libro, nascondendo anche doti d’attore. Quello che emerge dalla sceneggiatura di queste storie di Mastantuono è la conduzione del racconto da parte di Bum Bum: Paperino e Archimede non possono evitare di essere coinvolti, anzi trascinati violentemente, dalle conseguenze delle sue azioni e delle sue assurdità, inesorabilmente assecondate da un destino beffardamente guidato dall’autore.
Corrado non era nuovo a omaggi ai grandi del fumetto mondiale «incapsulati» in storie per Topolino. Ricordo ad esempio le vignette disegnate nello stile del Signor Bonaventura di Sergio Tofano che appariva sul Corriere dei Piccoli dei nostri nonni («Paperino nel Bum dipinto di Bum»,Topolino n.2361, 27.02.2001). Ma una piccola nota rispetto alla storia «Bum Bum e l’artista liberato» va ancora fatta, pur senza svelare completamente il finale del «giallo» che porta i nostri eroi da Paperopoli fino in Francia, a Lione. Vi incontriamo un pittore che è costretto a lavorare a ciclo continuo e non ce la fa più. Ricorre quindi a un espediente astruso per cercare di essere «salvato» da questa situazione e, grazie all’intervento provvidenziale dei paperi, ottiene infine una piccola riduzione del suo carico di lavoro. Lo si vede in chiusura, angariato dalla moglie, mentre, non particolarmente sollevato, torna comunque al duro lavoro… Che Mastantuono cominci a sentire anch’egli il peso della routine fumettistica caratteristica della produzione seriale da edicola? I suoi fan sicuramente non se lo augurano, ma è vero che anche il lavoro del fumettista (per quanto decisamente meno stressante rispetto all'animazione) rischia spesso di diventare una macchina di ripetitività che macina la creatività degli autori e li porta, talora, a smettere (qualora economicamente se lo possano permettere, s’intende) piuttosto di rinunciare alla parte migliore di sé, come fu il caso, tra gli altri, del famosissimo Bill Watterson (il creatore di Calvin & Hobbes), o come recentemente ha annunciato il francese Lewis Trondheim.
La consolidata e nota abilità di Corrado Mastantuono nel fumetto dal tratto «umoristico» con topi e paperi avrebbe anche potuto non lasciar minimamente sospettare la sua capacità di affrontare, con altrettanta abilità, il segno realistico che è tipico del fumetto avventuroso «bonelliano». Ma chi lo aveva visto «muovere» anche i suoi personaggi caricaturali in strisce, mezze tavole e vignette satiriche, non aveva nessuna difficoltà a immaginare che Mastantuono ci si sarebbe invece trovato a suo agio, eccome, tra eroi umani e muscolosi, e cavalli imbizzarriti, e armi di tutti i generi e scenografie urbane o naturalistiche. Che sia alle prese coi racconti polizieschi del cittadino Nick Raider, o che lavori a copertine dai toni evocativi per un western «fuori schema» come Magico Vento (cover che cura dal numero 76), la sua mano (allenata e sciolta da quelle ore quotidiane di pratica alle quali aveva accennato nella vignetta citata in precedenza) e il suo cuore d’artista, trovano la soluzione giusta. In questo ambito le sue matite danno sostanza e linfa a personaggi e ambienti degni della miglior scuola Argentina. E pur vero che i dichiarati «Maestri ispiratori» delle diverse fasi di crescita di Mastantuono sono (per sua stessa ammissione in un’intervista rilasciata a Laura Scarpa e pubblicata nel libro "Praticamente Fumetti" edito da Mare Nero) nell’ambito del «tratto umoristico» Romano Scarpa, Giorgio Cavazzano, Giovan Battista Carpi, Benito Jacovitti, Magnus, André Franquin, Quino, Sempé, Carlos Nine, Albert Uderzo e Andrea Pazienza, mentre per quanto riguarda il «tratto realistico» egli indica John Romita, Ivo Milazzo, Milo Manara, Alberto Breccia, Roberto Mandrafina, Sergio Toppi, Jorge Zaffino, Jordi Bernet, Magnus, Nine e Jean «Moebius» Giraud. Con questi riferimenti culturali e artistici (e altri ancora, citati in altre interviste), Mastantuono si è mosso con personalità indiscussa verso i propri «stili espressivi». Anche nel caso del fumetto «realistico», l’autore si presenta nella duplice veste di disegnatore e di copertinista, mettendosi alla prova quindi sia col bianco e nero tipico dell’avventura bonelliana, sia col colore delle copertine dove si mostra come illustratore di classe. La sua esperienza nel colore è evidentemente altrettanto variegata: ecoline o tempere, o, perché no, computer, se usati come si deve offrono risultati splendidi e nel suo caso questi sono evidentissimi. La matita, come dicevo, ha corpo e fascino particolare, riempie, ammorbidisce, «muove» personaggi e animali. Il nero della china è leggero, emozionante, lascia quel tanto di indefinito che gioca col lettore, ed è tracciato con maestria con un pennino che sembra quasi usato con la delicatezza di una matita.
Per quanto i suoi disegni per bambini siano accattivanti e scattanti, per quanto i suoi disegni d’avventura siano belli da vedere ed efficaci, passati i quaranta, accumulata così una notevole esperienza professionale, Mastantuono potrebbe ora significativamente volgere buona parte della propria padronanza del linguaggio fumettistico verso la libera espressione di sé. E potrebbe farlo attraverso le vignette, le brevi storie umoristiche e satiriche, da un lato, e dall’altro attraverso albi «alla francese» coi quali raccontare storie complesse svincolate dagli schemi e dagli inevitabili vincoli commerciali che le produzioni seriali impongono per la loro stessa sopravvivenza. Recuperando questo spazio creativo per sé, Mastantuono potrebbe lasciare una traccia personale durevole e molto caratteristica nella storia della letteratura disegnata, nella storia della comunicazione visiva attraverso il segno. In quello spazio libero che è il mondo creativo di grandi del fumetto si trova la possibilità di graffiare la carta con matita e china e raccontare la propria versione della storia umana, o anche semplicemente delle proprie emozioni.E quella può ora essere la collocazione di un autore come Corrado Mastantuono. Nessuno se ne stupirebbe, anzi. Quello che stupisce, semmai, è vedere l’ordine che regna nel suo studio (illustrato con dovizia di particolari in un servizio della rivista Scuola di Fumetto del gennaio 2004). Ci si aspetterebbe il consueto caos creativo che tutti considerano caratteristico degli artisti e quindi anche dei creativi della nona arte. Invece tutto è lindo e a posto. Verrebbe da pensare che Corrado abbia le idee chiare, e che questa limpida visione del suo modo di fare fumetti si trasmetta anche al luogo in cui lavora, ma queste sono elucubrazioni psicanalitiche che in fondo lasciano solo il tempo che trovano. Com’è giusto che sia, in questo bel mestiere del narratore di storie, sono le opere il vero biglietto da visita, la sostanza profonda che, sola, raggiunge i lettori. Sulla base di queste opere ci si può permettere di sentenziare che se i primi quarant’anni di Corrado Mastantuono hanno goduto di un gran successo (come suol dirsi) di pubblico e di critica, i prossimi quaranta non possono che riservarci un mare di nuove piacevolissime sorprese.

Da Percorsi n.4 - Penny Edizioni- 2004

Corrado Mastantuono: un autore per tutte le stagioni (del fumetto, s’intende).

di Gianfranco Goria

  Benvenuti nel sito www.corrado-mastantuono.com. Resterete sicuramente impressionati dalla quantità e dalla varietà di quanto viene elencato: centinaia di titoli scorrono sullo schermo, da storie disneyane per le Giovani Marmotte, Minni, Paperinik, PK New Adventures, Topolino settimanale, Topolino Sport e via così, a produzioni bonelliane per Nick Raider e Magico Vento, con speciali e quant’altro, e ancora pubblicazioni per riviste come L’Eternauta e Comic Art, con serie varie come Buzzer, Yellow Kid, Cargo Team, Psicocoteca, e ancora vignette umoristiche, racconti autoconclusivi, collaborazioni con editori vari, illustrazioni, copertine per Disney, ComicArt, Bonelli, Epierre e altri ancora, spaziando tra i personaggi più vari…Innumerevoli volte qualcuno ha parlato di lui su riviste o saggi. Almeno una quindicina sono i premi ricevuti. Almeno una decina le mostre che hanno esposto al pubblico le sue opere. E, com’era ovvio aspettarsi, Mastantuono approda ora anche al prestigioso mercato francofono con «Il gioco dei corpi celesti» per l’edtirice Humanoïdes Associés.

Ma quanti anni ha Corrado Mastantuono, per aver messo insieme, fino al 2004, tutta questa somma di cose fatte e tutte le critiche positive che ha ricevuto? Corrado nasce il 20 dicembre 1962 a Roma. Ma passano ben ventotto anni prima del suo debutto nel mondo dei fumetti, che avviene infatti solo nel 1990 su L’Eternauta (numero 92). Cosa ha fatto, allora, prima di venire ad allietarci coi suoi fumetti? Mastantuono ha passato una decina d’anni a disegnare cartoni animati, e questa è una cosa che ha sicuramente contribuito parecchio a formare professionalmente la sua mano, a darle velocità e padronanza tecnica.

Per chi non ha esperienza del lavoro faticoso e ripetitivo che spesso è associato alla produzione dei cartoni animati, con le migliaia e migliaia di disegni che devono essere realizzati per star dietro alla necessità fisica dei famosi ventiquattro fotogrammi al secondo (certo anche molti meno, nelle animazioni più semplici, ma sempre migliaia sono), può non essere facile comprendere come l’esperienza del disegno animato possa contribuire a sviluppare una manualità eccezionale, se si sopravvive allo sforzo. Il nostro autore è passato per questa esperienza e ne ha ottenuto in eredità quel tratto sciolto e veloce che ha applicato alle ben diverse esigenze del disegno fumettistico.

Nella letteratura disegnata c’è la possibilità, per il singolo disegnatore, di esprimersi con un poco più di calma e di dare forma alla propria interiore necessità di raccontare storie. Le migliaia di ore passate a gestire la tridimensionalità dei personaggi del cartone animato, a «vedere» con la mente gli oggetti fantastici come fossero reali, ha evidentemente portato in Mastantuono, come in ogni disegnatore che venga dalla «gavetta dei cartoni», l’abilità, mentale prima ancora che fisica, di saper costruire personaggi «completi», reali, anche quando sono immaginari, o caricature grottesche. Con questo bagaglio di esperienza, Mastantuono si avvicina al mondo particolarissimo delle storie disegnate su carta.

Praticamente in contemporanea con la sua prima uscita fumettistica viene introdotto nel mondo del fumetto Disney italiano dal grande Giovan Battista Carpi che, oltre a essere un Maestro nell’arte della narrativa disegnata, aveva un fiuto eccezionale nel riconoscere i talenti e una ineguagliata capacità nel farli crescere ciascuno verso la propria personalità artistica e creativa. Da quel momento non c’è più sosta, nel percorso evolutivo dell’autore romano. Cresce la sua naturale dote artistica, cresce la sua capacità di padroneggiare il linguaggio del fumetto (e non solo nella regia fumettistica come disegnatore, ma anche nella narrativa specifica come sceneggiatore).

Quando lo incontrai la prima volta a Roma, nel bel mezzo di un salone fumettistico straripante di appassionati, mentre stava disegnando in piedi per ammiratori di passaggio, avevo già avuto modo di inserirlo nel mio personale database mentale, sulla base delle prime cose che si erano viste in giro, nell’elenco non lunghissimo di autori che avrebbero potuto lasciare un segno originale nel mondo del fumetto. Quella prima impressione si è poi rivelata corretta.

In seguito tutti hanno potuto vedere coi propri occhi che quel giovane disegnatore era in grado di destreggiarsi con stili diversissimi fra loro, dall’umoristico al realistico, restando sempre su alti standard di qualità. E presto è stato riconosciuto come uno dei più promettenti delle allora nuove generazioni di fumettisti italiani. E’ interessante notare come, in una sua vignetta pubblicata in una raccolta del 1995, «Il teatro dell’assurdo», ed. Comic Art, faccia dire all’anziano disegnatore «Disegnare qualche ora al giorno è un buon modo per sciogliere la mano ed è l’unico per sviluppare le proprie capacità!…», mentre il giovanissimo apprendista replica «CAPACITA’?!? Ma io voglio fare il disegnatore di fumetti!». Mastantuono ci scherza su, ma ha piena consapevolezza di quanto il lavoro del fumettista sia oneroso e di come sia necessaria una personale disciplina, per raggiungere la «qualità» che, come ben sa, è tutt’altro che accessoria per chi vuole dedicarsi alla Letteratura Disegnata, sia che si tratti di «fumetto d’autore», sia che si tratti di «fumetto popolare».

Nelle vignette di quel periodo ha un tratto graffiante, secco, deciso. Un bianco e nero efficace, forte, emotivo, che richiama alla mente certi grandi autori sudamericani, alcuni brillanti e taglienti cartoonist editorialisti nordamericani, dei vignettisti italiani ormai dimenticati dai non addetti ai lavori, e forse anche qualche insospettabile maestro di lingua francese. Tratti veloci come schegge graffiano la carta e danno corpo e vita a personaggi e oggetti. In quegli anni, di tanto in tanto, qui e là si trovano persino un po’ di quei costosi retini, abbondantemente usati nelle strisce statunitensi dei tempi andati, artifizio meccanico per ottenere toni di grigio e ombre che però appare persino freddino e forse fuori luogo in quel mare di china dal tocco tanto personale e caldo.

Ma la sperimentazione tecnica sembra non essere mai mancata a Mastantuono, che, nella ricerca costante di effetti, di nuove soluzioni agli antichi problemi di rappresentazione del mondo attraverso il segno bidimensionale, non si è posto limiti di nessun genere. Matite, pennelli, pennini e pennarelli, ma anche oggetti qualunque che acquisiscono improvvisamente una funzione grafica, rappresentano gli strumenti che un artista può usare per arrivare alla agognata soluzione dei problemi. E Corrado non si ferma a quelle più ovvie, nonostante, dal punto di vista della tecnica, la sua sia una impostazione classica. Dietro quel segno si vedeva già la capacità di diventare morbido, gradevole, pupazzettoso quanto basta per fare fumetti per bambini alla Disney, conservando però tutta la «cattiveria», l’aggressività grafica necessaria a non diventare banali e melensi. Le sue matite per le pubblicazioni Disney sono piacevoli, calde e tradiscono professionalità nella stessa costruzione della vignetta, nella gestione della prospettiva, nel dosaggio dei pesi all’interno delle vignette e nell’equilibrio della tavola. Le chine portano a compimento un processo di «semplificazione grafica» tipico del genere fumettistico per bambini (ma anche della cosiddetta «linea chiara» franco-belga) e inquadrano Mastantuono, all’inizio, nel novero degli autori disneyani che vengono definiti «Cavazzaniani» per la loro vicinanza stilistica al «nuovo classico» Giorgio Cavazzano (un’altra linea stilistica disneyana italiana si rifà invece al decisamente più classico Giovan Battista Carpi).

Ma Corrado ha una propria spiccata personalità artistica e se una vicinanza c’è, tra il grande Cavazzano e il bravissimo Mastantuono, è più (da un punto di vista di psicologia del tratto che non da quello della grafica) nel periodo «graffiante» delle prime storie disneyane di Cavazzano (ancora molto lontane dagli stilemi disneyani), per la capacità di rompere le regole tranquillizzanti del disegno per bambini tipico della multinazionale dell’intrattenimento.

Nel fumetto «per l’infanzia» il nostro autore trova sintonia perfetta con un personaggio, che egli stesso crea, Bum Bum Ghigno (un nome, un programma), che gli consente, anche a livello di sceneggiatura, di esprimere movimento, dinamicità, estro, fantasia e la già citata aggressività. E’ in effetti anche nella gestione della storia, nelle caratteristiche della sceneggiatura di Mastantuono, che si rispecchia il suo tratto. Movimento, dinamicità, agitazione sono caratteri dominanti quando un personaggio come Bum Bum è protagonista. Tanto da condizionare anche il comportamento dei suoi compagni d’avventura, che rischiano di scivolare nel ruolo di comprimari di fronte a tanta dinamicità.Qui, per semplici motivi di gusti personali, mi piace citare la storia «Bum Bum e l’artista liberato» (pubblicata su Topolino 2501 e recensita su afNews www.afnews.info il 30 ottobre 2003) nella quale Corrado porta Paperino, Bum Bum e Archimede Pitagorico in Francia, a incontrare «per caso» gli eroi classici del fumetto franco-belga, Tintin e il suo cane Milou, il capitano Haddock, il professor Girasole e i detective Dupond/t. Un omaggio alla scuola d’oltralpe, o un segnale premonitore del suo futuro arrivo come autore nella patria di Asterix e compagni? Questo lo si può chiedere direttamente all’autore che, nonostante si schermisca, è perfettamente in grado di reggere interviste e lunghi incontri col pubblico, come ho potuto apprezzare in una recente Fiera del Libro, nascondendo anche doti d’attore.

Quello che emerge dalla sceneggiatura di queste storie di Mastantuono è la conduzione del racconto da parte di Bum Bum: Paperino e Archimede non possono evitare di essere coinvolti, anzi trascinati violentemente, dalle conseguenze delle sue azioni e delle sue assurdità, inesorabilmente assecondate da un destino beffardamente guidato dall’autore. Corrado non era nuovo a omaggi ai grandi del fumetto mondiale «incapsulati» in storie per Topolino. Ricordo ad esempio le vignette disegnate nello stile del Signor Bonaventura di Sergio Tofano che appariva sul Corriere dei Piccoli dei nostri nonni («Paperino nel Bum dipinto di Bum»,Topolino n.2361, 27.02.2001). Ma una piccola nota rispetto alla storia «Bum Bum e l’artista liberato» va ancora fatta, pur senza svelare completamente il finale del «giallo» che porta i nostri eroi da Paperopoli fino in Francia, a Lione. Vi incontriamo un pittore che è costretto a lavorare a ciclo continuo e non ce la fa più. Ricorre quindi a un espediente astruso per cercare di essere «salvato» da questa situazione e, grazie all’intervento provvidenziale dei paperi, ottiene infine una piccola riduzione del suo carico di lavoro. Lo si vede in chiusura, angariato dalla moglie, mentre, non particolarmente sollevato, torna comunque al duro lavoro… Che Mastantuono cominci a sentire anch’egli il peso della routine fumettistica caratteristica della produzione seriale da edicola? I suoi fan sicuramente non se lo augurano, ma è vero che anche il lavoro del fumettista (per quanto decisamente meno stressante rispetto all'animazione) rischia spesso di diventare una macchina di ripetitività che macina la creatività degli autori e li porta, talora, a smettere (qualora economicamente se lo possano permettere, s’intende) piuttosto di rinunciare alla parte migliore di sé, come fu il caso, tra gli altri, del famosissimo Bill Watterson (il creatore di Calvin & Hobbes), o come recentemente ha annunciato il francese Lewis Trondheim.

La consolidata e nota abilità di Corrado Mastantuono nel fumetto dal tratto «umoristico» con topi e paperi avrebbe anche potuto non lasciar minimamente sospettare la sua capacità di affrontare, con altrettanta abilità, il segno realistico che è tipico del fumetto avventuroso «bonelliano». Ma chi lo aveva visto «muovere» anche i suoi personaggi caricaturali in strisce, mezze tavole e vignette satiriche, non aveva nessuna difficoltà a immaginare che Mastantuono ci si sarebbe invece trovato a suo agio, eccome, tra eroi umani e muscolosi, e cavalli imbizzarriti, e armi di tutti i generi e scenografie urbane o naturalistiche. Che sia alle prese coi racconti polizieschi del cittadino Nick Raider, o che lavori a copertine dai toni evocativi per un western «fuori schema» come Magico Vento (cover che cura dal numero 76), la sua mano (allenata e sciolta da quelle ore quotidiane di pratica alle quali aveva accennato nella vignetta citata in precedenza) e il suo cuore d’artista, trovano la soluzione giusta. In questo ambito le sue matite danno sostanza e linfa a personaggi e ambienti degni della miglior scuola Argentina.

E pur vero che i dichiarati «Maestri ispiratori» delle diverse fasi di crescita di Mastantuono sono (per sua stessa ammissione in un’intervista rilasciata a Laura Scarpa e pubblicata nel libro "Praticamente Fumetti" edito da Mare Nero) nell’ambito del «tratto umoristico» Romano Scarpa, Giorgio Cavazzano, Giovan Battista Carpi, Benito Jacovitti, Magnus, André Franquin, Quino, Sempé, Carlos Nine, Albert Uderzo e Andrea Pazienza, mentre per quanto riguarda il «tratto realistico» egli indica John Romita, Ivo Milazzo, Milo Manara, Alberto Breccia, Roberto Mandrafina, Sergio Toppi, Jorge Zaffino, Jordi Bernet, Magnus, Nine e Jean «Moebius» Giraud. Con questi riferimenti culturali e artistici (e altri ancora, citati in altre interviste), Mastantuono si è mosso con personalità indiscussa verso i propri «stili espressivi». Anche nel caso del fumetto «realistico», l’autore si presenta nella duplice veste di disegnatore e di copertinista, mettendosi alla prova quindi sia col bianco e nero tipico dell’avventura bonelliana, sia col colore delle copertine dove si mostra come illustratore di classe. La sua esperienza nel colore è evidentemente altrettanto variegata: ecoline o tempere, o, perché no, computer, se usati come si deve offrono risultati splendidi e nel suo caso questi sono evidentissimi.

La matita, come dicevo, ha corpo e fascino particolare, riempie, ammorbidisce, «muove» personaggi e animali. Il nero della china è leggero, emozionante, lascia quel tanto di indefinito che gioca col lettore, ed è tracciato con maestria con un pennino che sembra quasi usato con la delicatezza di una matita.Per quanto i suoi disegni per bambini siano accattivanti e scattanti, per quanto i suoi disegni d’avventura siano belli da vedere ed efficaci, passati i quaranta, accumulata così una notevole esperienza professionale, Mastantuono potrebbe ora significativamente volgere buona parte della propria padronanza del linguaggio fumettistico verso la libera espressione di sé. E potrebbe farlo attraverso le vignette, le brevi storie umoristiche e satiriche, da un lato, e dall’altro attraverso albi «alla francese» coi quali raccontare storie complesse svincolate dagli schemi e dagli inevitabili vincoli commerciali che le produzioni seriali impongono per la loro stessa sopravvivenza. Recuperando questo spazio creativo per sé, Mastantuono potrebbe lasciare una traccia personale durevole e molto caratteristica nella storia della letteratura disegnata, nella storia della comunicazione visiva attraverso il segno. In quello spazio libero che è il mondo creativo di grandi del fumetto si trova la possibilità di graffiare la carta con matita e china e raccontare la propria versione della storia umana, o anche semplicemente delle proprie emozioni.

E quella può ora essere la collocazione di un autore come Corrado Mastantuono. Nessuno se ne stupirebbe, anzi. Quello che stupisce, semmai, è vedere l’ordine che regna nel suo studio (illustrato con dovizia di particolari in un servizio della rivista Scuola di Fumetto del gennaio 2004). Ci si aspetterebbe il consueto caos creativo che tutti considerano caratteristico degli artisti e quindi anche dei creativi della nona arte. Invece tutto è lindo e a posto. Verrebbe da pensare che Corrado abbia le idee chiare, e che questa limpida visione del suo modo di fare fumetti si trasmetta anche al luogo in cui lavora, ma queste sono elucubrazioni psicanalitiche che in fondo lasciano solo il tempo che trovano. Com’è giusto che sia, in questo bel mestiere del narratore di storie, sono le opere il vero biglietto da visita, la sostanza profonda che, sola, raggiunge i lettori. Sulla base di queste opere ci si può permettere di sentenziare che se i primi quarant’anni di Corrado Mastantuono hanno goduto di un gran successo (come suol dirsi) di pubblico e di critica, i prossimi quaranta non possono che riservarci un mare di nuove piacevolissime sorprese.


 

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